Ciao a tutti!
Ogni tanto, nella mia vita, mi trovo a dover affrontare prestazioni abbastanza elevate: ad esempio, non insultare il corriere che circa tre volte a settimana mi chiede il nome per salvarlo nel database, o non insultare i tizi del distributore di benzina che ogni volta mi propongono di fare la carta per la raccolta punti (che prima o poi dovrei degnarmi di fare), o riuscire a ricordarmi di spegnere la macchina del caffè prima di uscire di casa. In questi giorni, oltre a queste tre prestazioni elevate, me ne si è riproposta un’altra, che non è nuova al 100% ma che, già consapevole del fatto che quando tento fallisco, cerco sempre di evitare: usare l’apriscatole, in questo caso per aprire una lattina di latte di cocco.Mi sembra logico che non mi mettano il latte di cocco nelle lattine come quelle dei pomodori, intelligenti, a cui sono stata sempre abituata nella mia vita, con la linguetta, no, bensì in quelle balorde che dovrebbero essere ritirate dal commercio che vanno aperte con quell’a-parer-mio-odiosissimo oggetto che ognuno di noi puntualmente ha in casa e che ognuno di noi raramente usa, cioè l’apriscatole. Io, però, ero propositiva, perché ieri avevo addirittura saputo riconoscere quale fosse l’apriscatole (anche sel mio precedente tentativo di usarlo non aveva dato risultati dato che non sapevo neanche da che lato andasse girato). L’avevo imparato, in Italia, ma questo apriscatole è proprio diverso, non lo so.
Mi sono dovuta però ingegnare. Ho provato a punzecchiare la lattina con delle forbici. Con un coltello. Con la pietra da cucina per affilare i coltelli. La mia lattina stava iniziando a prendere una piega sofferente, ma non ancora abbastanza da decidere di far stillare del latte di cocco, così ho pensato al martello, ma non avevo abbastanza voglia di mettermi le scarpe e andare in garage a cercare un martello.
Ho poi avuto l’idea del secolo; ho preso la mia lattina e con i calzini sono uscita sui gradini di casa. Cioè, io immaginavo fossero di pietra, e speravo che iniziando a colpire con veemenza i gradini di casa con la lattina, la lattina come minimo esplodesse. No, niente. Ho iniziato così a farla cadere sui gradini  – forza di gravità, aumento di Newton, avrebbe dovuto funzionare – ma ancora niente. Là mi è venuta un’altra geniale idea: al centro del giardino abbiamo una cosa che non so bene come descrivervela ma ci provo; immaginate un piccolo laghetto rotondo, ma senza acqua, e invece dell’acqua ci sono dei sassi. Il nostro laghetto di sassi è circondato da pietrone più grandi, circa della dimensione di cocchi maturi. Ho visto quelle bellissime e potenti pietre e ho pensato che avrei potuto usarle come apriscatole, così ho iniziato a sbattere la lattina contro le pietre. Una, un’altra, e non serviva a niente. Certo, la poveretta si imbruttiva sempre di più, ma mica iniziava a piangere. Ho allora iniziato a lanciare la lattina contro le pietre; potete immaginare un’ipotetica persona che passava di là e che vedeva me, senza giacca, in calzini, in giardino a lanciare da una parte all’altra una lattina argentata andandola poi a riprendere, tipo cane.
Ad un certo punto, uno spruzzo di latte di cocco fuoriesce dalla lattina arrivando direttamente sulla mia faccia – mai che io mi faccia un contouring come si deve, ieri però ovviamente avevo il contouring. E c’erano mille direzioni, non vedo perché dovesse c’entrare per forza la mia faccia, ma va beh. Ignoro il latte di cocco che avevo addosso e tappo il buchino da cui arrivava il getto, rientrando in casa di corsa in cerca di un bicchiere. Il getto è durato ben poco, così ho deciso di ritornare fuori insieme alla lattina, al bicchiere, e al cocco che c’avevo ovunque riprovando altre mille miliardi di volte a lanciarla. La cosa più intelligente che ho fatto è stata rovesciare il bicchiere dove c’era già latte di cocco dentro, ma, a parte quello, mi sono sentita un po’ Katniss Everdeen che cercava di spillare l’acqua dagli alberi mentre moriva di sete (se non sapete di cosa sto parlando, è terribilmente grave ma Google può aiutarvi).

Ho torturato la povera lattina ancora per un po’, fino a che, tra un buco e l’altro e l’altro ancora, mi ha fornito un bicchiere di latte di cocco che, invece di usare come avevo intenzione di usare, ha ricevuto un’aggiunta di zucchero e me lo son bevuto anche alla veloce. Dopodiché sono rientrata, riprovando ad allargare con forbici e coltelli un buchino che pareva abbastanza grande, che però non mi ha dato minimamente retta; solo un altro po’ di cocco è uscito fuori, a forza di essere agitato. Ho lasciato una lattina appoggiata al bicchiere in modo che scolasse ma non mi ha regalato nemmeno una goccia. E, ecco, il racconto finisce qui, e mi andava di condividerlo con voi, almeno vi ricordate con chi avete a che fare. 😉

Se non mi credete, questa è la lattina, la conserverò come memoriale e incentivo a imparare a usare l’apriscatole:

desirée vs la lattina di latte di cocco, adagioblog.com

 

Desirée Briguglio

Ciao! Sono Desirée e sono qui perché amo scrivere e condividere ciò che amo attraverso la scrittura. Credo che questa è una delle cose più importanti da sapere su di me. Il resto del mio mondo è abbastanza semplice. Mi piacciono le cose semplici, le cose essenziali. Mi piace la matematica perché è concreta e il cielo stellato perché è regolato da tantissime leggi ma le rispetta tutte.

March 14, 2016

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